Una poesia di Clemente Rebora

Dall'immagine tesa

da Canti anonimi, Il Convegno editoriale, Milano, 1922

Dall’immagine tesa

vigilo l’istante

con imminenza di attesa –

e non aspetto nessuno

nell’ombra accesa

spio il campanello

che impercettibile spande

un polline di suono –

e non aspetto nessuno:

fra quattro mura

stupefatte di spazio

più che un deserto

non aspetto nessuno.

Ma deve venire,

verrà, se resisto

a sbocciare non visto,

verrà d’improvviso,

quando meno l’avverto.

Verrà quasi perdono

di quanto fa morire,

verrà a farmi certo

del suo e mio tesoro,

verrà come ristoro

delle mie e sue pene,

verrà, forse già viene

il suo bisbiglio.


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