Le più spietate tecniche di tortura
Nel corso della sua evoluzione, l’essere umano ha sempre mostrato un’ingegnosa crudeltà nel far soffrire il proprio simile, per interrogarlo o semplicemente per annientarlo nel peggiore dei modi possibili. Anche nella storia più recente, le torture hanno avuto il triplice scopo di intimidire, punire e uccidere. In questo articolo raccolgo 13 delle pratiche più spietate e assurde mai concepite. Chi ha letto i miei romanzi ne riconoscerà alcune. Come tutte le torture, erano inflitte con sadismo, spesso erano volute da un potere secolare o religioso che dominava con il terrore. Ma a volte erano semplicemente l’espressione della perversione individuale o collettiva. Alcune furono legalmente sancite, altre furono sempre tenute segrete e tramandate solo oralmente. Sono tutte diverse fra loro in modo malvagiamente creativo; hanno in comune soltanto una cosa: sono la manifestazione più cupa della parte più oscura dell'intelligenza umana.
A proposito: le immagini sono state realizzate con l'IA.
1
L’Inferno nella bocca
Sacchetti pieni di polvere da sparo, messi in bocca alle vittime e poi accesi con il fuoco. Non aggiungo altro.

2
La pentola
La vittima veniva messa dentro una grande pentola vuota, con il coperchio chiuso da catene e un lucchetto, e così arsa viva; all’inizio, a fuoco lento, poi aumentando l’intensità della fiamma per gradi, finché del torturato non rimaneva che cenere.

3
Lingchi, la morte per mille tagli
La più tremenda delle torture. Era in uso in Cina. Una tortura che è anche un’esecuzione capitale, lenta ed estremamente crudele e dolorosa. È un affettamento eseguito con implacabile calma.
La vittima viene legata per il collo. Il boia afferra pezzi di carne morbida e li taglia via. Affettamento delle cosce, dei seni, delle spalle, delle natiche, del petto, delle guance, e dei i muscoli, della parte superiore e inferiore delle braccia, dei polpacci… Poi il boia specializzato in questo terribile supplizio tagliava, una per volta, le giunture e le escrescenze del corpo, come il naso e le orecchie, le palpebre, i genitali (esterni, se la vittima era un maschio), e così via passando alle dita delle mani e dei piedi. A questo punto, si tagliavano le membra all’altezza dei polsi, delle caviglie, dei gomiti, delle ginocchia, delle spalle, delle anche. Una pugnalata al cuore e la decapitazione ponevano fine al supplizio, che poteva durare per ore.
Nella versione ritualizzata “legale”, il boia estraeva a sorte i coltelli da un secchio coperto con un telo; su ogni coltello era stata scritta la parte di corpo da tagliare. I parenti delle vittime spesso corrompevano il boia affinché estraesse subito la lama destinata al cuore.
La morte per mille tagli fu utilizzata in Cina fino al 1905, per crimini considerati particolarmente gravi, come l’alto tradimento o il parricidio. Era una tortura fisica, e anche un’umiliazione simbolica, perché lo smembramento del corpo rendeva impossibile all’anima il raggiungimento della pace. La pratica fu documentata anche da osservatori occidentali.

4
La danza della morte
La vittima era avvolta in un abito pesante e stretto, imbottito di materiale infiammabile, e poi le si dava fuoco. Questa tortura si chiamava danza della morte perché il condannato “danzava” a causa delle immani sofferenze che era costretto a subire e sopportare, un’agonia terribile, fino a quando non riusciva più a muoversi e cadeva a terra; inerte, continuava a bruciare, finché la quantità e la qualità dei combustibili lo permettevano.

5
L’insetto mordace
Lo scarafaggio del legno (o altro insetto molto mordace) veniva imprigionato in una gabbietta e poi messo a contatto con la pelle del torturato, su una parte sensibile del suo corpo, come le ascelle o il seno e, nelle donne, le parti intime: l’insetto rosicchiava la carne producendo al malcapitato una pena insopportabile.

6
Un sacco di male
Un gatto feroce veniva messo in un sacco. Nel sacco veniva fatta entrare anche la vittima, legata mani e piedi. Il sacco era poi chiuso con un legaccio. Il boia, da fuori, picchiava il gatto per farlo inferocire. Il gatto straziava e alla fine uccideva la vittima.

7
Il filo di ferro
Fil di ferro rovente avvolto alle braccia o ad altre parti del corpo, poi raffreddato con acqua in modo che contraendosi penetrasse nella carne causando grande dolore.

8
Appeso con peperoncino
La vittima è appesa a testa in giù con i polsi legati dietro la schiena. Una cinghia di cuoio gli stringe il torace. Le narici gli vengono riempite di polvere di peperoncino. Pena indescrivibile.

9
Il vaso rovesciato
La tortura del vaso rovesciato. La vittima vi viene distesa su un tavolo, con le mani e i piedi legati, a faccia insù. Un vaso di ferro contenente dei ghiri e dei topi viene rovesciato sull’addome nudo. Accendendo un fuoco sul vaso, gli animali che sono all’interno impazziscono per il calore e, non trovando altra via di fuga, se ne aprono una nelle viscere del torturato, scavando freneticamente con le zampe, sbranando con i denti. Alla fine, gli animali che imboccano la via più breve fuoriescono dalla schiena.
Questa tortura poteva essere eseguita anche con un grosso gatto, messo dentro una gabbia, sempre a contatto con l’addome nudo del prigioniero. Punzecchiato e tormentato, l’animale cominciava a sbranare le carni della vittima rosicchiando fin dentro le budella.

10
La tortura delle due barche.
Il malcapitato veniva ingozzato e poi chiuso fra due piccole barche rovesciate l’una sull’altra, come una noce, lasciando fuori le braccia, le gambe e la testa. Così, era lasciato a galleggiare sotto il sole per giorni e giorni, con la faccia spalmata di latte e miele per attirare gli insetti che lo avrebbero punto e infastidito fino a farlo impazzire; ma la morte sopraggiungeva lentamente, dato che il torturato era stato sovra nutrito e ampiamente dissetato, prima di essere sottoposto al supplizio. E il corpo iniziava alquanto presto a imputridire per il calore. Una forma di tortura antica, citata da Plutarco nella descrizione della morte di Mitridate, che fu fatto giustiziare dal tiranno persiano Artaserse.

11
La pelle di pecora
Attorno al corpo nudo della vittima si avvolgeva stretta la pelle calda e ben stirata di una pecora appena uccisa, e la si chiudeva con una cucitura robusta. La vittima, così vestita, era esposta al sole estivo. La pelle di pecora si essiccava e si ritraeva, comprimendo lentamente e inesorabilmente le carni e le ossa del torturato, provocandogli un dolore atroce e crescenti difficoltà di respirazione. A questo seguiva la putrefazione della pelle di pecora, che si contagiava al corpo ancora vivo, assetato, affamato dell’uomo. La morte sopraggiungeva dopo un tormento infinito.

12
La mano più forte
Al marinaio condannato veniva legata la mano più debole dietro la schiena, mentre quella più forte gli veniva "inchiodata" all’albero maestro della nave con un pugnale. Doveva restare così fin quando non fosse riuscito a liberarsi. Aveva due opzioni: squarciarsi la mano tirando con violenza verso il basso; oppure fare scivolare la mano avanti e indietro lungo la lama, finché la ferita sarebbe stata abbastanza larga da farvi passare attraverso tutto il manico del coltello.

13
Il giro di chiglia
Una punizione marinaresca (quasi certa condanna a morte) inflitta agli uomini della ciurma. Al condannato erano legate le mani sopra la testa e immobilizzate le gambe. Una lunga fune veniva fatta passare da una parte all’altra sotto lo scafo della nave in movimento. Si legava, quindi, il marinaio mani e piedi e lo si gettava in mare. Dalla parte opposta, gli addetti tiravano la fune facendo passare il torturato sotto la chiglia della nave, per poi tirarlo su. Il giro era ripetuto altre due volte. La vittima sopravviveva di rado a questa punizione crudele, o perché la carena era gremita di crostacei taglienti che la facevano letteralmente a pezzi, giro dopo giro, o perché veniva uccisa e spesso decapitata cozzando contro la chiglia.

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